Penetrando un po' nel nostro mondo interno, possiamo accorgerci che la rabbia è intimamente collegata al dolore. Penetrando ancora un po' più a fondo, possiamo accorgerci che la rabbia è essa stessa dolore. È un altro suo volto, quello più comune o più rassicurante. O ancora, quello più combattivo e meno disposto a soccombere. Quello che ha ancora qualcosa da dimostrare.
Dietro le urla più forti e più violente, si cela spesso la disperazione. La rabbia a volte è una maschera che indossiamo per ingannare il nostro dolore, per convincerci che non stiamo soffrendo e quindi non siamo fragili. Se urliamo siamo forti: possiamo negare la nostra vulnerabilità.
A volte, invece, è un modo per continuare a combattere, per restare aggrappati all'idea che possiamo ancora ottenere quello di cui abbiamo disperatamente bisogno. La rabbia trova sempre la forza per esprimersi, per manifestare la propria scontentezza. È immediata. Riesce sempre, in un modo o nell'altro, a colpire, ad andare a segno. Il dolore invece spesso è muto. A volte non ha mezzi né possibilità di giungere all'altro. Rimane inespresso, inascoltato e non riconosciuto. La rabbia ci fa sentire vivi, forti. Il dolore ci fa sentire deboli, sconfitti, annientati.
Il dolore, in fin dei conti, ha sempre qualcosa che lo rende difficile da dire e da capire.